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  L'attività professionale di Massimo De Chiara non è mai stata disgiunta dall'attività culturale. Egli ha sempre inteso come un "unicum" il suo operare. Per questi motivi i progetti realizzati per le "mostre" non sono linguisticamente lontani da quelli pensati e realizzati per l'immissione nei circuiti di mercato. Anzi, l'assunto teorico presente nei primi, diviene il parametro ed il criterio di approccio progettuale per i secondi. I suoi oggetti, pur rispondendo ai punti fondamentali dell'ambito disciplinare del design, sono ricchi di contenuti che ne esaltano la funzione estetica, oltre che sottolineare quella d'uso.  La sua "napoletanità" è tuttavia discreta, quasi nascosta, addirittura piuttosto difficile da riconoscere. E' un modo "mentale" di essere legato alla cultura della propria incredibile terra.
  E' possibile riconoscere nei suoi "segni" e nelle sue "costruzioni" progettuali, pur mancando qualsivoglia tratto oleografico, tutta la memoria storica e intellettuale che ha caratterizzato la città nei secoli. 

  Ma è possibile cogliere, e questo con maggior evidenza, precisi riferimenti al pullulare di "vita creativa" che Napoli e il suo popolo manifestano con ironia, atteggiamento giocoso, intento di suscitare meraviglia, teatralità, orgoglio sessuale, superstizione e, soprattutto, infinito coraggio e voglia di sopravvivere. Le sue opere o, per non dispiacere nessuno, "operette", il cui linguaggio è però molto poco "dialettale", nascono da questo miscuglio di colto e popolare, da questa alchimia di sacro e profano.
  Il suo design tende a restituire agli oggetti un ruolo centrale nello spazio abitativo.
  Gli oggetti devono tornare ad essere il punto focale delle azioni umane. Molte "serie", in seguito anche autoprodotte, sono nate intorno ad una favola: è il caso delle brocchette innamorate, che, invaghite del proprio padrone di casa , fanno a gara per attirare la sua attenzione; o dei mobili che, stanchi delle disattenzioni degli uomini, decidono di camminare e cinguettare; o ancora degli oggetti di uso quotidiano e comune che, sentendosi superflui, scelgono di uscire di scena emigrando in un altra dimensione spazio-temporale a bordo di una fantastica astronave-fruttiera.

 


           

Anni '70

 

        

   

  Nel 1977 fu inaugurato lo Studio Archimass di Via Petrarca in Napoli, inizialmente in proprio e poi, dal 1979, con Antonio Esposito.
Fin dall'inizio delle attivià, furono ideati e realizzati i primi oggetti e complementi di design, per lo stesso studio e per incarichi acquisiti, dichiarando cosi un a vocazione che si sarebbe poi sviluppata e precisata negli anni a seguire
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1973 serie oggetti per la scrivania

1974 lampada "Casco"  in lamierino verniciato

1974 posacenre "Ludo"  poi realizzato in serie nel'89

 
 

             

   

     

 
 
 
 

  Fin dall'inizio, alla base di ogni progetto, veniva impostata una ricerca di carattere storico-culturale che fungesse da linea guida nello sviluppo del lavoro.
  I primi progetti già manifestarono un particolare interesse per il recupero dell'artigianto e la necessità di riesaminare i più importanti movimenti artistici collegati al design sia quelli moderni che quelli contemporanei.
  Questa  metodologia  progettuale, certamente in quella fase, abbastanza abbozzata, fu nel tempo arricchita di successive riflessioni ed aggiustamenti, nell'intento di giungere ad una definizione potenzialmente inseribile e utilizzabile nel contesto reale e sprottutto , nel proprio territorio di riferimento.
  Gli esempi qui di fianco riportati possono essere esplicativi delle tematiche trattate, ma anche dell'attenzione che si dedicava alla ricerca dei maestri artigiani capaci di comprendere seguire l'dea ed il pensiero presente dietro ogni proposta.
  Una prima ricerca riguardò lil progetto di una serie di accessori in legno per la scrivania, con la collaborazione di Ernani Vigneri, anche personalizzabili con stampa serigrafica, pensati pre una realizzazione con la sola fresatura, nell'intento di dimostrare che una proposta di design poteva avere riscontri anche in una realtà priva di esperienze adeguate. Fu poi la volta della lampada "Casco", di evidente ispirazione neoradical e più che  visibilmernte ammiccante al mercato.
  Interessante, tra gli altri progetti, fu la ricerca per la  progettazione di un posacenere individuale, ma con diverse opzioni di aggregabilità, da realizzare in ceramica e commercializzare  in set  da sei moduli triangolari, completi di base d'appoggio e scatola di confezione. "Ludo", progettata nel '74, ma realizzata nell '89, esprimeva appunto l'aspetto ludico del design.
  Gli arredi per la gioielleria Vig, e per gli Studi Archimass e Popoli, furono invece ispirati alla ricerca sul movimneto del neoplasticismo e realizzati in pannelli di tamburato a finitura laccata in due colori.
  Infine. alltrettanto interessante, fu il lavoro di progettazione e realizzazine di una serie di mobiletti per  l'infanzia in pannelli di multistrato marino naturale o rivestito in laminati Abet Print.

 

 
 
 
 
 
 

1874 poltroncina gioielleria Vig

      1976-77  arredi Studio Archimass  

1978  arredi Studio Popoli   

 
 
 


 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

     1977-78 Serie Poli Tartar'Ugo contenitore giocattoli                          1977-78 Serie  Poli paravento gioco in due versioni                     1977-78  Serie POli mobiletto polifunzionale su ruote 2 versioni  

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

1977-78 contenitore cubo su ruote

1977-78 Serie Poli lettino contenitore giocattolo su ruote

1977-78 Serie Poli policontenitore su ruote con apertura a libro

 
       
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