Page 36 - LIBRO FARE DESIGN
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T               ra la ne degli Ottanta e i primi anni Novanta
                                  ebbe inizio una nuova fase operativa, diversa e
                                  più  entusiasmante,  sia  perché  si  presentarono
                                  varie prospettive di collaborazione con l'industria
                                  anche  di  area  “milanese”;  sia  perché  si  ebbe
                                  l'occasione  di  vericare  le  riessioni  fatte  nei
                                  periodi  precedenti  misurandosi  con  il  sistema
                                  produttivo reale, sia locale che nazionale.
                Bisogna, però, chiarire che già da alcuni  anni l'industria del  nord,
                soprattutto quella impegnata a confrontarsi con il design, essendo
                notoriamente in crisi, aveva tentato aperture alle avanguardie e alla
                ricerca. Inoltre la cultura alternativa diventò dominante e si diffuse
                particolarmente attraverso le riviste, creando forte interesse e notevoli
                aspettative a vari livelli.
                Si pensi che negli anni 80 circa cinquanta testate di settore, sebbene
                non tutte specializzate e sebbene alcune fossero a carattere popolare,
                sovraffollavano il mercato ed avevano conquistato un pubblico di
                fedeli e assidui lettori.
                Tutto ciò ci fa pensare che la concomitanza di questi due fenomeni,
                cioè  da  una  parte  la  messa  in  discussione  dei  grandi  numeri
                collegati alla produzione con conseguente crisi del comparto e
                dall'altra  la  rilevazione  di  una  notevole  domanda  di  design,
                peraltro fortemente differenziata, sottolineata dalla stampa, favorì
                la  consapevolezza  dell'esistenza  di  un  mercato  potenzialmente
                ricettivo  e  stimolò  la  ricerca  di  nuove  modalità  produttive  che
                annullassero  gli  aspetti  negativi  e  dannosi  di  quel  modello
                industriale che appariva ormai obsoleto.
                Si  guardò  così  con  attenzione  rinnovata  all'artigianato,  con
                l'intento di rileggerne le caratteristiche intrinseche per tentare di
                adattarle ad una industria rinnovata, alleggerita e più aperta.
                Il modello produttivo artigianale, per sua natura, non soffriva dei
                mali dell'industria, quali ad esempio  l'obbligo dei grandi numeri
                e una produzione rigida e  specializzata.
                Esso era in grado di rispondere a queste problematiche con un offerta
                assolutamente  essibile,  numericamente  ridotta,  cosa  che
                permetteva  rapide  e  poco  dannose  inversioni  di  marcia  in  corso
                d'opera, soddisfacendo le richieste   di   quello   che sempre   più
                chiaramente si conformava come mercato di nicchia,  caratterizzato
                da una domanda in velocissima evoluzione.
                Almerico De Angelis, designer ed ultimo direttore di Modo, sostenne
                con altri che il design andava modicandosi rapidamente, divenendo
                sempre più simile alla  “moda”, di cui in maniera sempre più evidente

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