Page 21 - LIBRO FARE DESIGN
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complemento - contenitore (poi presentato anche a Bari alla grande
mostra dell'85 "L'Onda del Sud" a cura di E. Crispolti); o ancora come nel
caso del tavolino su rotelle Eppur si muove. Tutti oggetti che, oltre a ricercare
nuovi possibili modi espressivi con il riferirsi ai vari movimenti artistici
contemporanei, da una parte ponevano fortemente attenzione a quel
patrimonio antropologico–culturale del territorio, volontariamente
sottolineando proposizioni low tech, dall’altra esaltavano l'aspetto creativo
ponendosi, per la prima volta, come momento di riessione e confronto sia
con il contesto di riferimento del proprio ambito territoriale, che con il più
ampio orizzonte nazionale. Ed effettivamente quel confronto avviò
un'ulteriore e determinante fase evolutiva: divennero per me evidenti le
potenzialità di realizzazione dell'ipotesi di un design napoletano, ma
altrettanto chiara apparve la necessità di approfondirne le implicazioni, i
temi, e le modalità di attuazione. Si comprese che non era sufciente
coinvolgere i soli entusiasti e giovani rappresentanti della cultura del
progetto, ma bisognava aprirsi alla realtà operativa in tutte le sue forme e
sfaccettature, ridenire un adeguato approccio progettuale, annullare idee
precostituite, resistenze e preconcetti, affrontare le sconosciute problematiche
del mercato. Si capì che si trattava di una progettualità, molto più ampia e
complessa, che doveva aprirsi e proporsi a tutte le forze del territorio, e che
partendo addirittura dalla formazione e dalla didattica (3), diventasse
stimolante e propositiva, per la messa a sistema di quello che, allora,
chiamai il progetto globale.
Negli anni che seguirono, durante i quali, oltre alla promozione di ulteriori
occasioni di rilevamento e di confronto, fu soprattutto avviata quella
straordinaria esperienza del "Laboratorio di Design dell'Archimass".
L'iniziativa, che permise di approfondire le varie tematiche già
precedentemente individuate, si rivelò di particolare importanza e generò,
nuove competenze progettuali ed attuative, riuscendo a coinvolgere alcune
delle migliori risorse culturali, ma anche politiche ed operative, del territorio.
Gli oggetti della seconda metà degli anni 80, frutto soprattutto delle riessioni
del Laboratorio, pur conservando gli assunti teorici del periodo precedente,
che erano incentrati particolarmente sull'analisi e sull’utilizzo delle potenzialità
produttive, chiaramente mutarono anche sul piano formale, tralasciando il
dialogo con le tendenze espressive del contemporaneo, per sperimentare
l'utilizzo di linguaggi più aderenti alla cultura ed alle potenzialità del contesto
(il "genius loci" di Ugo La Pietra), sostituendo i materiali moderni con quelli
della tradizione e preferendo i colori naturali a quelli articiali della produzione
industriale di massa.
Il legno nelle sue variegate essenze, il ferro non trattato, o il rame e l'ottone,
come anche il marmo o la pietra nelle sue varietà, trasformati in nuovi
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